Il piede (non franco) sbagliato

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La Val di Vara, in provincia di La Spezia, oltre ad essere un territorio selvaggio e di grandissima bellezza paesaggistica e naturalistica, ha anche grandi potenzialità enologiche. Ne sono convinto, l’ho sempre sostenuto (qui) e anche cercato nel mio piccolo di dimostrarlo (qui). D’altro canto la Valle è sempre lì, e chiunque può andarci e rendersene conto. Si tratta di un “terroir” privo di una storia enologica nota ai più, quindi da “inventare” intelligentemente, con rispetto di quel poco (o tanto) di tradizioni che ancora paesi come ad esempio Montale possono vantare.


Sono stato quindi molto felice nel venire a conoscenza attraverso un articolo a firma di Ivano Denevi comparso sul sito dell’AIS Liguria, di diverse iniziative di piccoli vignaioli che stanno incominciando a produrre le prime bottiglie da vigne impiantate nell’alta Val di Vara, e tra cui spicca proprio quella di Ivano Denevi (in realtà ci sono altri progetti che bollono in pentola, di cui parlerò a tempo debito!).
Leggendo quanto scrive Ivano, non posso però fare a meno di notare che purtroppo secondo me si è partiti con il piede sbagliato. Riporto testualmente il seguente passaggio.

“L’Azienda “Cornice”, di Ivano Denevi, porrà in commercio per la prima volta nel 2007 due vini provenienti dall’omonimo vigneto Pein, l’uno ottenuto da un Syrah in purezza, l’altro composto da un blend di Merlot al 55%, Syrah al 40% e Ciliegiolo per la rimanente parte, e che già quest’anno ha mostrato le proprie notevoli capacità espressive, con un colore limpido e vivace, profumi intensi e complessi, un corpo deciso in cui la materia tannica e la freschezza sono ammorbidite dall’incontro con un adeguato grado alcolico. Entrambi tali vini maturano per sei mesi in botti di rovere, in barriques per il Syrah in purezza, botti grandi per la seconda tipologia; dopo questa prima fase, sono sottoposti ad ulteriore affinamento in bottiglia. Anche l’azienda di Giorgia Grande, sempre a Cornice, ha impiantato Merlot e Syrah: i suoi vini saranno messi in commercio nel 2008, per cui il definitivo giudizio tecnico viene rimandato ad un prossimo futuro. A Sesta Godano l’azienda di Antonella Manfredi ha riportato agli antichi fasti il vigneto di Re de Peiu, producendo vini rossi e bianchi, rispettivamente da un blend di Merlot, Syrah, Pollera e da Albarola e Sauvignon blanc”.

La domanda sorge spontanea: che ci azzeccano Merlot e Syrah nella valle? Ma come, proprio ora che per fortuna pare esserci un riflusso della moda di piantare ovunque vitigni di ogni tipo purché “internazionali” si pianta Merlot e Syrah in un territorio che nessuno conosce e che andrebbe dunque valorizzato per ciò che di più autentico può proporre! Ma poi che c’entrano Merlot e Syrah assieme, quando in Francia nessuno si sognerebbe mai di sposare le due uve. E’ un po’ come se qualche Australiano si mettesse a produrre un blend di Nero d’Avola e Nebbiolo. Ammesso che non esista già, che impressione farebbe? Non mi sembra sia sufficiente il 5% di Ciliegiolo per salvare l’anima della tradizione, che vede effettivamente tale vitigno allignare da sempre da quelle parti insieme a Sangiovese e ad alcuni autoctoni minori. Capisco che un po’ di Merlot spesso aiuti ad aggiustare annate in cui il Sangiovese non matura bene o il Ciliegiolo fa la muffa, ma mi sembra si sia esagerato. Avrei anche capito l’esperimento di un vino di Taglio Bordolese, o un uvaggio più mediterraneo di Syrah e Grenache (Granaccia), ma l’operazione effettuata mi pare possa portare proprio da nessuna parte.
Qualche maligno potrà obbiettare che anche il sottoscritto nel suo giardino di casa una volta mise a dimora un paio di filari di Merlot, ma la ragione per cui lo feci è esattamente quella per cui un produttore (cosa che io non sono) non dovrebbe farlo. Volevo “imparare facendo” e il Merlot mi sembrava l’unico vitigno in grado di fornire sempre e comunque un’uva vinificabile, il contrario cioè della ricerca di tradizione e tipicità.
Con tutto ciò non vorrei sembrasse che ce l’abbia con Ivano Denevi, che al contrario pare proprio abbia fatto un bel lavoro. Mi auguro solo che per effetto del “passaparola” e del “sentitodire” non dilaghi nella Valle la voglia di estirpare tutto e piantare Merlot e Syrah. Questa sì, sarebbe una vera catastrofe.

Luk

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About Luca Risso

Luca non è un esperto di vino nel senso comune del termine, anzi non è affatto un esperto ma piuttosto un entusiasta del vino, un curioso di tutto ciò che è collegato con la cultura del vino del paese (Italia) e della regione (Liguria) in cui vive. La sua formazione personale lo rende particolarmente interessato agli aspetti teorici e tecnici della viticoltura e della vinificazione, al punto di piantatura una propria vigna microscopica e di produrre alcune bottiglie del Merlot. La sua esperienza è documentata nella rubrica "Vino in garage" del portale enogastronomico www.tigulliovino.it .

4 thoughts on “Il piede (non franco) sbagliato

  1. Mrico Mariotti

    Il fascino dell’internazionalizzazione ci annebbia la vista… e del resto quei vitigni sono anche i più facili da gestire… peccato che la valutazioni che fai circa le sommatorie termiche potrebbero far cambiare idea, ma oggi chi tiene in considerazione questi aspetti???
    A presto

    Mirco

  2. MrJob

    Ciao, prima di tutto complimenti per il blog!
    Se ti va, visto che siete esperti di cucina, volevo segnalarvi una community che avevo in testa e che ho creato: http://www.cityfan.it
    Visto che ce ne sono pochi utenti esperti di cucina e capaci di dare un giudizio critico, potreste recensire i ristoranti e le pizzerie non per l’architettura e il servizio, ma per come si mangia!
    Verrò a leggerti spesso, così ingrasso virtualmente!!!!
    A presto!

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