No pasaran

Non voglio qui addentrarmi nel ginepraio del dibattito “tappo-a-vite-sì-tappo-a-vite-no”. Noto solo con curiosità che in Italia di fatto tale dibattito è sterile in quanto fondato sul nulla. Ovvero in Italia il tappo a vite nel settore vinicolo non esiste, se non sul collo dei bottiglioni di lambrusco della GDO.


Io ho comprato il Sauvignon Blanc 2005 di Cloud Bay per la non indifferente cifra di 20 euro, era molto buono (nel suo genere), e aveva il tappo a vite. Parlando invece con produttori italiani di bianchi da pochi euro, è comune sentire dire che il tappo a vite squalificherebbe il loro prodotto.

Queso fatto si riflette anche nelle strategie commerciali della Alcan Packaging, leader nel settore con il suo Stelvin, che ha uffici e rappresentanze in tutto il mondo (ben 5 in Francia), ma zero assoluto in Italia, che enologicamente parlando non è certo l’ultima arrivata.

Penso che sia un fatto culturale irrecuperabile, a meno che non arrivino dai mercati internazionali in cui i nostri vini sono richiesti forti pressioni per l’adeguamento delle chiusure, anche se penso che la strada oramai tracciata sia quella dei tappi polimerici co-estrusi o stampati (i quali per inciso non sono affatto immuni dal problema degli ftalati!).
Conservatorismo ottuso o lungimiranza?

Luk

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About Luca Risso

Luca non è un esperto di vino nel senso comune del termine, anzi non è affatto un esperto ma piuttosto un entusiasta del vino, un curioso di tutto ciò che è collegato con la cultura del vino del paese (Italia) e della regione (Liguria) in cui vive. La sua formazione personale lo rende particolarmente interessato agli aspetti teorici e tecnici della viticoltura e della vinificazione, al punto di piantatura una propria vigna microscopica e di produrre alcune bottiglie del Merlot. La sua esperienza è documentata nella rubrica "Vino in garage" del portale enogastronomico www.tigulliovino.it .

6 thoughts on “No pasaran

  1. Giulo

    Simpatico il video…

    Fortunatamente per i suoi produttori, lo screw cap ha ben altri argomenti da far valere.

    In Italia sicuramente c’è una grossa tara culturale, in parte peraltro giustificata dalla mediocre qualità dei tappi a vita di “bottiglionesca” memoria di alcuni anni fa, ma non siamo all’anno zero.

    Il grande concorrente mondiale di Alcan-Pechinay è proprio un’azienda italiana, di Alessandria per la precisione: Guala Closures (www.gualaclosures.com, http://www.globalcap-wineclosures.com), e sta cominciando pian piano a diffondere la cultura dello screw cap tra gli utilizzatori.

    Tanto è vero che molte cantine italiane usano questo tipo di chiusura per le loro linee export.

    Siamo lontani anni luce dalla Nuova Zelanda, dove si stima che nel 2007 il 90% dei vini saranno sigillati con lo screw cap, inclusi i prodotti di alta gamma, ma qualche timido passo è sato accennato.

    Giuliano Boni

  2. Luca Risso

    Grazie per il contributo Giulio.
    Io personalmente penso che senza scomodare l’alta gamma (per quanto…) il 90% dei vini in circolazione trarrebbe vantaggio dal tappo a vite. Mi ricordo un ottimo moscato ad esempio, naturalmente non DOC in quanto lo screwcap non mi pare ammesso dal disciplinare!

    Luk

  3. Giulo

    Effettivamente un’altra grossa “palla al piede” che abbiamo in Italia sono i disciplinari di produzione, che per i DOCG prevedono esclusivamente il tappo di sughero, a prescindere da ogni considerazione di opportunità tecnologica.

    Ma a noi piace farci del male…

    giulo

  4. armin kobler

    buon giorno,

    posto per la prima volta qui ed anche in ritardo.
    comunque lo faccio lo stesso perchè ho da dire la mia su questo argomento: come piccolo produttore imbottiglio insieme ad altri molto più noti di me tutta la produzione (bianchi, rosati e rossi, anche riserva) con il tappo a vite stelvin lux plus e il mio mercato (italiano) accetta con pochissime eccezzioni finora questa forma di chiusura alternativa. molti ristoratori dicono anche: “finalmente!”
    ok, sono poche migliaia di bottiglie, nuovi aquirenti, peraltro aperti all’innovazione (anche ristoranti con stella michelin), comunque ho trovato meno problemi di quanto pensavo.

    importantissimo a mio avviso cominciare con le bottiglie di maggior pregio e non viceversa, se una bottiglia cara sà di tappo, evidente o mascherato, il danno è maggiore, e comunicare bene i vantaggi del tappo a vite.

    ho preparato sul mio sito un foglio illustrativo a proposito che allego anche ai cartoni di vino.

    intanto cordiali saluti
    armin

  5. Luca Risso

    Gentile Armin,
    Il tuo intervento mi sembra molto interessante.
    Premesso che sono in accordo con te, e quindi sono contento che anche qui si muova qualche cosa nel versante dei vini di qualità, mi vengono un paio di domande.
    1-hai avuto modo di seguire l’evoluzione dei tuoi vini rossi riserva in confronto con le chiusure tradizionali?
    2-hai riscontrato i problemi riportati in letteratura con il sauvignon blanc?
    3-C’è un agente Stelvin in Italia?

    Un saluto

    Luca Risso

  6. armin kobler

    ciao,

    1 – finora ho fatto la mia prima annata (2006) ufficiale e ho imbottigliato tre bianchi ed un rosato i primi giorni di aprile 07. la riserva del 06 verrà imbottigliata nella primavera 08. per questo non ho ancora esperienze concrete ma il mio contatto con il signor rainer jung del centro di ricerca di geisenheim (www.campus-geisenheim.de/Jung-Rainer-Dr.856.0.html) che lavora moltissimo sulle forme di chiusura dei vini mi ha incorragiato molto.
    Sembra proprio che questo fabbisogno di ossigeno nella maturazione dei vini rossi in bottiglia sia più una “urban legend” che altro, dico io in modo un po’ provocante.
    2 – questa letteratura mi è sconosciuta, vorrei però conoscerla.
    3 – si: http://www.paoloaraldo.com lui vende prodotti alcan (stelvin)

    saluti
    armin

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